Cittadini di Palomonte e di Contursi Termi e di… Oliveti Cetri. Qui siamo tutti presente innanz’a tutt’a questo locale, io vingrazio agli sposi e mio cognati che effettivamenti ci ha portati in questo locale, che ha dato l’onore affettivamente al più ampie respiro, che noi possiamo tutti testimoniare che verament’ questo localo <nunnèullocalo> come tutt’ gli altri raccontano, <meèllocale> veramento severamente giusto, che, affettivamente ci ha trattato, come verament’ come figlio dell’ingenito figlio! Vabbuon? E allora cari cittadini, a noi a questo punto abbiamo ringraziare inanzitutto a tutt’il popolo che affettivamenti ‘nciascoltato e ‘nciascolta quali siano le più parole ampie respiro… vabben’? Cittadino, inanzitutto vi dico questo che noi affettivamento rendiamo prima al’llocalo che ‘nciaosp’tato e quelli chi ci ha portato… in questo punto… E allora a tutti, cari cittadini di Palomonte e di Contursi Termi… e di Oliveti Cedro noi ringraziamo prima Iddio e poi agli uomini della volontà nostro che affettivamente hanne contribuito qualo siano la più ampie respiro… di questo popolo.
Cari fratello, teng’ dirvi in core nostro… che noi… siamo qui, per fare una polenica affettivamente agli altri locali, vabben’? Che noi siamo state trattate come fratelli di questo punto… verament’ giusto e dovere, che non si seneritava che effettivament’ noi, come facevano la polenica negli altri, degli altri fatti… vabben’? Io so tutto cari cittadini e ho ‘scoltate bene la voce dei popoli! Comunque in tutte le coso abbiamo costatato co’ le nostre veramente coscienzie dall’anima e dal popolo. Vabbuò? E allora a questa dobbiamo ammirare prima innanzitutt’a il localo… che a noi ci ha dato quelli chi noi c’abbiamo verament’ saziato… da me il primo… meriè-mi rento veramento conto che sio questo localo… vabben’? E spera ca tutti voi cari cittadini, e comocà-e come anco lo sposo le mie nipote e la mia sorell’ e il mio cognato, che affettivamento restaranno loro tranguill’e felicità nella loro coscienza… [auditur ex plausibus: “nun cia fazz’ cchiù, nun cia fazz’ cchiù”]. Cari amici… veramenti è questo ch’ie dic’ e dichiaro inanzitutto al popolo che veramente è una cosa buona e giusta… e dovero di ringraziare a coloro che ci è venut’e ‘ngiaospitat’ in questo locale… eh… sissignore! Cari amici, ringrazia al popolo e io sono il zio dello sposo e ringrazia lo sposo e il popolo di Contursi Terme di Palomonte e affettivamenti di Oliveti Cedro… che noi siam’ affettivemente fiere di rientrar nella nostra famiglia com’a tutti… eguale eguaglianza del popolo!
La presente trascrizione trascura le molteplici ambiguità sonore del dettato concentrandosi principalmente sui casi di desinenza vaga (in neretto corsivo nel testo).
Tra i fenomeni degni di nota possiamo comunque annoverare, sul piano fonetico e linguistico:
- sbronzismi semio-sintattici: abbiamo ringraziare per il più probabile «abbiamo a ringraziare» (lectio difficilior rispetto a «dobbiamo ringraziare»), seneritava per il più probabile «(non si) meritava», l’appetitoso polenica per «polemica»
- impappazioni agglutinanti, particolarmente insistenti sulla coppia articolo più parola iniziante per liquida: al’llocalo per «al locale», <nunnèullocalo> per «non è un locale», <meèllocale> per «ma è un locale»
- rimodulazioni incipitali riformattate a seguito dell’inceppamento dell’attacco: meriè-mi rento veramento conto e comocà-e come anco lo sposo
ed altre varianti più comunemente dialettali, come:
- sonorizzazioni e assordamenti: veramend’ invece di «veramente», ambie per «ampie», cittatini per «cittadini», comungue per «comunque»
- troncamenti in principio o in fine di parola: teng’ per «tengo», ‘scoltate bene per «ascoltato bene»
- geminazioni triplicate e quadruplicate: ‘gggiusto’, ‘ringrazziamo’, ‘ullllocalo’, ‘al’llocalo’.
Notevole anche l’ipercorrettismo del secondo membro di Oliveti Cedro (in 2a e 3a occorrenza), ove la dizione «Cedro» potrebbe risultare dalla fiduciosa italianizzazione del toponimo Citra, sentito come dialettale e dunque riportato a «Cedro» per supposta derivazione fitonimica.
Non stupisce infine di ritrovare un certo numero di preziosismi quali:
- echi dalle scritture: come figlio dell’ingenito figlio, agli uomini della volontà nostro, veramente è una cosa buona e giusta
- aulismi con minacciose anticipazioni di calibro: le più parole ampie respiro
- allitterazioni giuristicheggianti: ch’ie dic’ e dichiaro
- e l’esplosivo giacobinismo finale eguale eguaglianza del popolo!
Noto come «sindaco di Palomonte», il latore di questa intemerata performance oratoria – proditoriamente registrata su supporto magnetico nei tardi anni ’90, e subito finita in rapida circolazione nell’appena nascente circuito dello scambio di meraviglie su file – non ha mai ricoperto in realtà alcuna carica politica, come più volte riferito, anche pubblicamente, dai rappresentanti istituzionali del piccolo comune salernitano e dagli stessi cittadini palomentesi.
Scarse sono le informazioni circa la vera identità dell’oratore, qui chiaramente sotto l’influsso di genuine sostanze alcoliche, e dell’altropologo che ne ha catturato e diffuso la spericolata reprimenda.
Il contesto pare potersi effettivamente ricondurre a una qualche celebrazione di tono familiare tenutasi in un non precisato locale del palomontese, forse in occasione del matrimonio del nipote.
Sebbene il documento sia stato genericamente bollato come un falso, preme notare come tale qualifica si applichi, più restrittivamente, alla attribuzione della carica politica di sindaco e non al fatto che l’uomo si sia a tutti gli effetti (e massimamente quelli alcolici) pronunciato in tali termini nel corso di una festosa occasione conviviale. Goliardica o meno la motivazione di tale effluvio, non viene compromessa la validità dell’esempio ai fini dello studio e della definizione del fenomeno della desinenza vaga, che si manifesta qui in una gradazione purissima e assai paradigmatica.