cucciolàbile agg.
a) Colto da incontenibile instabilità psichica, di tono generalmente regressivo, insorta a seguito della visione ravvicinata di un cucciolo (di uomo o animale) e caratterizzata, a livello sintomatico, da contrazione delle arcate sopraccigliari, agitazione inconcludente delle mani – spesso portate congiuntamente al petto o al viso come in presenza di un fatto grave o di una teofania – ed emissione incontrollata di versi, invocazioni e melliflue glossolalie, accompagnate, nei casi più gravi, da pianti, tremori e/o corti balzelli condotti sul posto;
b) ‘che può essere cucciolato’, ovvero ricondotto, tramite opportuni vezzeggiamenti, allo stadio di «cucciolo».
[a) Incr. di cucciolo, onom. e labile, dal lat. labor ‘scivolo, cado, oppallà!’; b) dal verbo *cucciolare più suff. indicante passività, potenziale o necessaria, –(a)bile].
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